Lunedì 21 luglio 2025 – si raccolgono assemblee in 16 città e spazi diversi: Venezia, Bari, Lecce, Napoli, Palermo, Bologna, Ferrara, Livorno-Lucca-Firenze, Milano… A Roma, l’assemblea Vogliamo Tutt’altro riapre e occupa temporaneamente il Circolo degli Artisti, spazio che era dedicato alla musica nel quartiere Pigneto, rinominato La Circola delle Artiste in omaggio alle Commissioni ministeriali che hanno punito chi ha usato il linguaggio inclusivo nelle domande. È una giornata potente di scambio e di ascolto di tutte le assemblee, per capire come costruire possibilità di convergenza e azioni comuni nei prossimi mesi. Siamo inviperite, velenose e arrabbiate, e vogliamo che questa rabbia si trasformi in azione politica – i segnali che arrivano dal governo sono preoccupanti, anche se alcune delle risorse economiche sono state reintegrate, e nei prossimi mesi avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza e forza collettiva.
L’assemblea ha rimesso al centro la questione delle pratiche, come inventare coreografie comuni, nuovi assemblaggi, azioni condivise. Tra queste, anche quella dell’occupazione, pratica nobile dei movimenti, dalle occupazioni delle terre contro i latifondi, alle occupazioni per il diritto alla casa, alle fabbriche, agli spazi urbani abbandonati. Dopo il Dl sicurezza, è importante rompere lo stato di isolamento e di paura, e diventa vitale portare i corpi al centro della scena pubblica per aprire discorsi capaci di parlare ad altre lavoratrici e a settori contigui della cultura, ma anche oltre il mondo culturale.
Le destre hanno imposto una visione classista secondo cui l’arte sarebbe per un privilegio per le élite, ma al contrario cultura, arte e ricerca sono un diritto primario per tutte, un indice di democrazia affettiva. Strumenti per immaginare altri mondi, altri modi di vivere, estetiche che raccontano altri corpi.
Prossimi appuntamenti:
>> 8 settembre a Roma con i corpi per costruire pratiche comuni: l’8 settembre un’intera giornata per stare insieme, immaginare, anche costruire più tavoli simultanei su diverse questioni e coordinati da diverse assemblee. Il 9 settembre potremmo pensare di fare un’azione e nel pomeriggio convergere nelle assemblee precarie universitarie.
>> in agosto: riunioni di coordinamento e organizzazione, oltre che di raccordo con altri settori.
Le pratiche che sono emerse nel corso dell’assemblea: fare assemblee come pratica politica; azioni di visibilità e conflitto; formare collettivi; continuare a prendere parola dai palchi; far circolare statement chiari e condivisi nei festival, teatri, e spazi artistici e sui social. Organizzare più azioni simultaneamente in luoghi diversi e decentrare. Responsabilizzare i pubblici, coinvolgendo anche spettat^ e cittadinanza, non solo operat^ del settore, attraverso azioni di comunicazione diretta: metterci nelle piazze e negli spazi pubblici, microfono alla mano.
Punti emersi:
*eterogeneità: siamo singole lavoratrici, artiste, ma anche compagnie, spazi, festival, istituzioni di diversa natura. È una forma, e anche una modalità innovativa.
*le forme della produzione: registriamo lo schiacciamento verso logiche esclusivamente commerciali.
* accessibilità: siamo tutte escluse fin dalla formazione, esiste un problema di élitismo strutturale nel nostro mondo — non è solo una questione solo dei fascisti al governo, ma un sistema strutturato in decenni, classista e razzista.
*i festival: sono stati tra i più penalizzati dell’intero sistema, in particolare quelli di danza. Forse perché la loro specificità è di essere luoghi di scambio? (vd. rapporto CReSCo). Novanta festival in tutta Italia sono o sono stati sostenuti dal Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS). Quando si taglia un festival, si colpisce un’intera infrastruttura di distribuzione artistica nel paese, è un taglio indiretto anche alle imprese di produzione, oltre a diminuire le occasioni d’incontro con i pubblici, momenti in cui la sperimentazione si apre a molte persone. Funzione dei festival è lavorare sul rischio culturale, su progetti che aspirano alla transdisciplinarità, al sostegno di formati scenici non convenzionali, a nuove modalità di vivere l’esperienza artistica, allo scambio nazionale/internazionale, e dunque anche sostenere la scena italiana all’estero: tagli e le umiliazioni colpiscono proprio questo modello di festival, rendendoli più fragili. Per questo i festival possono diventare luoghi di esplosione dove far detonare le questioni e discutere dei festival del futuro.
*esiste una questione meridionale, una divisione che si è accentuata negli ultimi anni in termini di spazi, di risorse, di circuiti, di organismi produttivi.
*le disparità in questo settore si acuiscono: le paghe base sono molto basse, bisogna conquistare paghe dignitose a partire dai contratti nazionali e forme di reddito integrative, che rendano sostenibile la vita per chi fa i nostri lavori.
*guardare fuori dal settore culturale, al Decreto sulle aree interne che afferma che tutte le zone non produttive possono essere eliminate (ad esempio tutte le città terremotate): è un attacco a ciò che è periferico, non centrale.
DESIDERI
*Come stare unite per coinvolgere altri mondi?
*Quali corpi sono autorizzati a stare in scena? Chi scrive questa autorizzazione? I Commissari delle Commissioni?
*Come tenere vive le assemblee sul lungo periodo? Possiamo sperimentare trovare modi diversi di essere assemblea: essere itineranti?
*Approfondire localmente, rilanciare collettivamente.
*Rispettare le tante diverse pratiche attive, nei diversi territori, creare forme federative che non uniformino.
*Come essere interstiziali e riuscire a incidere anche a livello istituzionale?
*Collocarci in uno scenario più ampio: i fondi tagliati a cultura e istruzione accelerano la corsa al riarmo, e le armi che si stanno finanziando non verranno usate solo contro altri eserciti, ma su persone come noi.
*Essere un virus, attaccare e trasformare questo corpo sociale che ci sta respingendo.
*Mettere a fuoco il ricatto del lavoro artistico, e cosa potrebbe significare per noi in Italia ripensare lo sciopero.
AZIONI
*Chiedere le dimissioni della Commissione Danza.
*Fare pressione sull’AGIS – non ci rappresenta, pensare ad altri processi.
*Fare pressione sulle istituzioni di prossimità per attivare azioni di supporto sul piano del welfare: sperimentiamo? Attiviamo prototipi anche su scale ridotte? (vd. Sardegna / Emilia Romagna).
*ricorsi — darci strumento per organizzarli e sostenerli collettivamente, anche attraverso forme concrete di mutuo soccorso.
*amplificare la potenza del dissenso, continuando a immaginare un mondo diverso.
*fare tavoli di studio e di autoformazione.
*trovare eventuali falle nel decreto sicurezza, per non mettere a rischio la vita delle singole persone coinvolte — lavorare in complicità anche con giuristə.
* essere intersezionali, contaminare le lotte.
*aprire un livello sovranazionale: in Europa si sta già ragionando su questi temi, in particolare sul nesso tra riarmo e tagli alla spesa pubblica, creare connessioni.