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  •  CON I NOSTRI CORPI, BLOCCARE TUTTO! 

    Dopo l’assemblea nazionale dell’8 settembre con la partecipazione di 500 persone, questa mattina due azioni dell* lavorat* dell’arte e dello spettacolo per sanzionare il Ministero della cultura e davanti al Parlamento a seguito dell’attacco alle barche della Flotilla per chiedere il blocco e lo sciopero generale per la Palestina. Azioni interrotte dalle forze dell’ordine e da reparti antisommossa in maniera sproporzionata. 

     Lunedì 8 settembre più di 500 lavorat* della cultura e dello spettacolo dal vivo, provenienti da 20 città italiane, si sono riunit* in assemblea a Roma. 

    Due assemblee plenarie e 4 tavoli di lavoro – immaginare / organizzare / convergere / insorgere – per aprire una stagione di conflitto contro le politiche del governo e costruire una piattaforma aperta per ripensare il settore a partire dalle necessità e dai desideri di lavoratrici e lavoratori. Emerge una pratica di convergenza: con l* altr* lavorat*, con le altre lotte, verso uno sciopero della cultura in autunno. 

    Con l’assemblea nazionale si espande e si moltiplica il percorso cominciato un anno e mezzo fa a fronte delle nomine governative nelle istituzioni culturali, e proseguito con i tagli e le esclusioni operate dal Ministero della cultura contro la scena del contemporaneo. 

    È chiaro il progetto di una cultura di regime: definanziare e smantellare le realtà che lavorano sui linguaggi più sperimentali, sostenendo al contrario indirizzi conservatori e commerciali. Vengono attaccati centri di produzione e formazione per la danza contemporanea, progettualità di artist* disabili, i luoghi che lavorano dai margini anche geografici e i percorsi più sperimentali, innovativi, transdisciplinari. Questo mentre si investe sul riarmo e si definanziano la scuola, l’università, la ricerca, la sanità. 

    Questa mattina è stato occupato lo spazio davanti al Parlamento a sostegno della Global Sumud Flotilla e per invocare uno sciopero generale. Dopo le parole dei portuali di Genova, BLOCCHIAMO TUTTO: il mondo dell’arte e della cultura si mobilita contro i fascismi, il riarmo, i tagli alla cultura e per la Palestina libera. 

    VOGLIAMO TUTT’ALTRO 
    lavorat^ dell’arte e della cultura in lotta 

    Scarica il CS

  • PICCOLE PRATICHE PER UN ASSEMBLEA INCLUSIVA

    Mettiamo di seguito alcuni strumenti che sono frutto dell’esperienza dell’assemblea romana di Vogliamo tutt’altro. Siamo convinte che ogni assemblea debba trovare il proprio modo di gestirsi perchè assemblea è una pratica che si costruisce nel tempo e con chi c’è. Per noi fare assemblea anche in poche è stato molto utile proprio in quest’ottica di pensare l’assemblea come una pratica per addestrarsi a tenere insieme le differenze e a pensare insieme. Ci siamo accorte che serve ascolto, dare valore al pensiero di tuttə, confliggere sui temi mai sul personale e provare a comporre gli spunti che emergono.

    • Fare un giro di nomi iniziale per sapere chi c’è e far girare foglio per raccogliere i contatti
    • Primi minuti dedicati a scrivere un ordine del giorno condiviso: piccolo brainstorming di cose che il gruppo ha voglia di affrontare e poi provare a comporre l’ordine del giorno (prima parliamo di questo, poi di questo). Se ci sono troppe cose si dà un ordine di priorità e quello che non si affronta si porta all’assemblea successiva. Si può anche decidere a fronte del tempo a disposizione quanto tempo dedicare ad ogni punto all’ordine del giorno.
    • Decidere il tempo degli interventi dipende dalla tipologia di assemblea che si vuole fare, quanta gente c’è etc. A volte può essere utile darsi un tempo di intervento a volte questo diventa un limite e imbriglia troppo la discussione. Se ci sono tante persone è sempre bene tentare di costruire una situazione in cui si riesca a parlare tuttə.
    • Darsi piccoli ruoli interni, che girano ad ogni assemblea per non consolidare ruoli:

    1. Qualcunx che prende gli interventi

    2. Qualcunx che tiene i tempi

    3. Qualcunx che fa un report

    • Darsi un orario di fine assemblea
    • A fine assemblea provare a trovare un giorno e un luogo per l’assemblea successiva
    • Nell’esperienza romana cambiare luogo è stata una risorsa e anche andare nello spazio pubblico, magari portandosi cassa a batteria e microfono, diventa essa stessa un’azione.
    • Girare il report nelle chat è utile ad aggiornare poi chi non ha potuto partecipare.
    • Sugli strumenti di comunicazione interna/esterna:

    Le chat sono un luogo complesso, noi proviamo il più possibile a non prendere decisioni in chat ma nell’emergenza non sempre è possibile.

    Il consiglio comunque è di dotarsi di due strumenti diversi: una chat tipo broadcast per comunicazioni delle attività dell’assemblea e una chat operativa in cui ci sono solo persone attive nell’assemblea di cui c’è fiducia reciproca.

  • assemblarsi

    Lunedì 21 luglio 2025 – si raccolgono assemblee in 16 città e spazi diversi: Venezia, Bari, Lecce, Napoli, Palermo, Bologna, Ferrara, Livorno-Lucca-Firenze, Milano… A Roma, l’assemblea Vogliamo Tutt’altro riapre e occupa temporaneamente il Circolo degli Artisti, spazio che era dedicato alla musica nel quartiere Pigneto, rinominato La Circola delle Artiste in omaggio alle Commissioni ministeriali che hanno punito chi ha usato il linguaggio inclusivo nelle domande. È una giornata potente di scambio e di ascolto di tutte le assemblee, per capire come costruire possibilità di convergenza e azioni comuni nei prossimi mesi. Siamo inviperite, velenose e arrabbiate, e vogliamo che questa rabbia si trasformi in azione politica – i segnali che arrivano dal governo sono preoccupanti, anche se alcune delle risorse economiche sono state reintegrate, e nei prossimi mesi avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza e forza collettiva.

    L’assemblea ha rimesso al centro la questione delle pratiche, come inventare coreografie comuni, nuovi assemblaggi, azioni condivise. Tra queste, anche quella dell’occupazione, pratica nobile dei movimenti, dalle occupazioni delle terre contro i latifondi, alle occupazioni per il diritto alla casa, alle fabbriche, agli spazi urbani abbandonati. Dopo il Dl sicurezza, è importante rompere lo stato di isolamento e di paura, e diventa vitale portare i corpi al centro della scena pubblica per aprire discorsi capaci di parlare ad altre lavoratrici e a settori contigui della cultura, ma anche oltre il mondo culturale.

    Le destre hanno imposto una visione classista secondo cui l’arte sarebbe per un privilegio per le élite, ma al contrario cultura, arte e ricerca sono un diritto primario per tutte, un indice di democrazia affettiva. Strumenti per immaginare altri mondi, altri modi di vivere, estetiche che raccontano altri corpi.

    Prossimi appuntamenti:

    >> 8 settembre a Roma con i corpi per costruire pratiche comuni: l’8 settembre un’intera giornata per stare insieme, immaginare, anche costruire più tavoli simultanei su diverse questioni e coordinati da diverse assemblee. Il 9 settembre potremmo pensare di fare un’azione e nel pomeriggio convergere nelle assemblee precarie universitarie.

    >> in agosto: riunioni di coordinamento e organizzazione, oltre che di raccordo con altri settori.

    Le pratiche che sono emerse nel corso dell’assemblea: fare assemblee come pratica politica; azioni di visibilità e conflitto; formare collettivi; continuare a prendere parola dai palchi; far circolare statement chiari e condivisi nei festival, teatri, e spazi artistici e sui social. Organizzare più azioni simultaneamente in luoghi diversi e decentrare. Responsabilizzare i pubblici, coinvolgendo anche spettat^ e cittadinanza, non solo operat^ del settore, attraverso azioni di comunicazione diretta: metterci nelle piazze e negli spazi pubblici, microfono alla mano.

    Punti emersi:

    *eterogeneità: siamo singole lavoratrici, artiste, ma anche compagnie, spazi, festival, istituzioni di diversa natura. È una forma, e anche una modalità innovativa.

    *le forme della produzione: registriamo lo schiacciamento verso logiche esclusivamente commerciali.

    * accessibilità: siamo tutte escluse fin dalla formazione, esiste un problema di élitismo strutturale nel nostro mondo — non è solo una questione solo dei fascisti al governo, ma un sistema strutturato in decenni, classista e razzista.

    *i festival: sono stati tra i più penalizzati dell’intero sistema, in particolare quelli di danza. Forse perché la loro specificità è di essere luoghi di scambio? (vd. rapporto CReSCo). Novanta festival in tutta Italia sono o sono stati sostenuti dal Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS). Quando si taglia un festival, si colpisce un’intera infrastruttura di distribuzione artistica nel paese, è un taglio indiretto anche alle imprese di produzione, oltre a diminuire le occasioni d’incontro con i pubblici, momenti in cui la sperimentazione si apre a molte persone. Funzione dei festival è lavorare sul rischio culturale, su progetti che aspirano alla transdisciplinarità, al sostegno di formati scenici non convenzionali, a nuove modalità di vivere l’esperienza artistica, allo scambio nazionale/internazionale, e dunque anche sostenere la scena italiana all’estero: tagli e le umiliazioni colpiscono proprio questo modello di festival, rendendoli più fragili. Per questo i festival possono diventare luoghi di esplosione dove far detonare le questioni e discutere dei festival del futuro.

    *esiste una questione meridionale, una divisione che si è accentuata negli ultimi anni in termini di spazi, di risorse, di circuiti, di organismi produttivi.

    *le disparità in questo settore si acuiscono: le paghe base sono molto basse, bisogna conquistare paghe dignitose a partire dai contratti nazionali e forme di reddito integrative, che rendano sostenibile la vita per chi fa i nostri lavori.

    *guardare fuori dal settore culturale, al Decreto sulle aree interne che afferma che tutte le zone non produttive possono essere eliminate (ad esempio tutte le città terremotate): è un attacco a ciò che è periferico, non centrale.

    DESIDERI

    *Come stare unite per coinvolgere altri mondi?

    *Quali corpi sono autorizzati a stare in scena? Chi scrive questa autorizzazione? I Commissari delle Commissioni?

    *Come tenere vive le assemblee sul lungo periodo? Possiamo sperimentare trovare modi diversi di essere assemblea: essere itineranti?

    *Approfondire localmente, rilanciare collettivamente.

    *Rispettare le tante diverse pratiche attive, nei diversi territori, creare forme federative che non uniformino.

    *Come essere interstiziali e riuscire a incidere anche a livello istituzionale?

    *Collocarci in uno scenario più ampio: i fondi tagliati a cultura e istruzione accelerano la corsa al riarmo, e le armi che si stanno finanziando non verranno usate solo contro altri eserciti, ma su persone come noi.

    *Essere un virus, attaccare e trasformare questo corpo sociale che ci sta respingendo.

    *Mettere a fuoco il ricatto del lavoro artistico, e cosa potrebbe significare per noi in Italia ripensare lo sciopero.

    AZIONI

    *Chiedere le dimissioni della Commissione Danza.

    *Fare pressione sull’AGIS – non ci rappresenta, pensare ad altri processi.

    *Fare pressione sulle istituzioni di prossimità per attivare azioni di supporto sul piano del welfare: sperimentiamo? Attiviamo prototipi anche su scale ridotte? (vd. Sardegna / Emilia Romagna).

    *ricorsi — darci strumento per organizzarli e sostenerli collettivamente, anche attraverso forme concrete di mutuo soccorso.

    *amplificare la potenza del dissenso, continuando a immaginare un mondo diverso.

    *fare tavoli di studio e di autoformazione.

    *trovare eventuali falle nel decreto sicurezza, per non mettere a rischio la vita delle singole persone coinvolte — lavorare in complicità anche con giuristə.

    * essere intersezionali, contaminare le lotte.

    *aprire un livello sovranazionale: in Europa si sta già ragionando su questi temi, in particolare sul nesso tra riarmo e tagli alla spesa pubblica, creare connessioni.


  • Siamo dentro la Circola dellə artistə di Roma!
    Venite tuttə, ci riprendiamo insieme questo spazio pubblico destinato alla cultura e alla socialità, chiuso da anni per una giornata di assemblea.

    PROGRAMMA

    Lunedì 21 luglio 
    h 11:00 conferenza stampa
    h 16:00 assemblea cittadina
    h 19:00 ASSEMBLEA NAZIONALE  ONLINE con le città


    RAGGIUNGETECI! Via Casilina Vecchia 42



    ————————- COMUNICATO —————————–


    L’assemblea delle lavoratrici e dei lavorat^ dello spettacolo Vogliamo Tutt’altro ha occupatola CIRCOLA DELLƏ ARTISTƏ a Roma !

    Oggi 21 Luglio, nella giornata dell’Assemblea Nazionale convocata del basso da lavoratrici/tori dell’arte e dello spettacolo, abbiamo occupato uno spazio pubblico, l’ex-Circolo degli Artisti destinato alle arti dal vivo, simbolo di socialità e chiuso da anni, per convocare un’assemblea aperta alla città e a tutt^ coloro che lavorano nel campo delle arti performative, della cultura, del cinema, dell’università, della scuola, dell’editoria, dei beni culturali. La cultura in questo paese è sotto attacco, e chi ci lavora
    sempre più precari^ e vulnerabile.

    Dalle 16:00 assemblea cittadina e dalle 19.00 si svolgerà online l’assemblea nazionale– 16 città hanno organizzato assemblee in presenza, che si svolgeranno simultaneamente nel corso della giornata.

    È l’inizio di una nuova fase di mobilitazione, che si espande anche a livello nazionale e che vuole parlare oltre il settore culturale.
    Occupiamo questo spazio per ribadire che la cultura non è un privilegio delle élite, ma un diritto di tutte e tutti e che per questo deve essere sostenuta e finanziata pubblicamente;
    che la cultura è un lavoro, non solo una passione, e che deve essere retribuito e sostenuto con forme di welfare.

    Ogni forma di controllo e di manipolazione sulle forme, i
    contenuti e le estetiche delle nostre opere e delle nostre pratiche è inaccettabile.
    Questo Governo e questo Ministero intendono imporre la loro visione del mondo – odiano la trasformazione, tutto ciò che è molteplice, i mondi futuri e futuribili che i nostri lavori
    prefigurano e che i nostri corpi già praticano in reti di alleanze materiali. Il messaggio è chiaro: i temi di cui occuparsi sono Dio / Patria / Famiglia.

    Denunciamo i tagli e i declassamenti effettuati dalle Commissioni contro teatri, festival, compagnie e progetti di formazione che da anni animano l’ecosistema culturale del paese, e che offrono migliaia di posti di lavoro ad artiste, tecniche, addetti alla comunicazione, curatrici, grafici, videomaker, fotografi, studiose. Si stima una perdita tra le 30.000 e le 50.000 giornate lavorative, in uno scenario di precarietà sistemica che segnaliamo da anni.

    A fronte di questo licenziamento di massa l’unica risposta possibile è occupare i luoghi del lavoro. Ce lo hanno insegnato le lotte del passato e quelle del presente, i collettivi di
    fabbrica, la GKN.

    Liberiamo temporaneamente questo pezzo di città anche per riaffermare la necessità di politiche culturali a Roma in grado di valorizzare il ricco ecosistema artistico che la città esprime e fare fronte agli attacchi delle destre. Se questa vivacità sopravvive è grazie a spazi indipendenti, reti informali e circuiti che resistono fuori dalle logiche dell’intrattenimento mainstream, non certo grazie al farraginoso sistema di bandi, di cui da anni dichiariamo le criticità. Da che parte sta l’amministrazione comunale? È tempo di un segnale chiaro.


    Quelli contro il mondo dello spettacolo sono attacchi mirati e vendicativi, che rivelano la loro natura ideologica. Come ha ben evidenziato il rapporto C.Re.S.Co. – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea, presentato recentemente alla Camera, la domanda per il finanziamento pubblico ha accentuato i criteri quantitativi, svilito il respiro internazionale e di fatto cancellato il valore del rischio culturale, che “è tra le ragioni
    fondanti del finanziamento pubblico alla cultura, ciò che le permette di distinguersi dal mero intrattenimento commerciale”.

    Oggi occupiamo perché non esiste un Anno Zero della cultura, come vorrebbe il ministro Giuli. Siamo nell’anno 2025 e rigettiamo le visioni messianiche e egemoniche del Ministro.


    Occupiamo questo spazio per riaffermare la nostra opposizione al riarmo, all’economia bellica, al prelievo di risorse dai settori del welfare e della cultura per finanziare guerre, occupazioni, genocidi, e tutti i progetti imperialisti che abitano le menti distopiche degli oligarchi. Siamo con la Palestina, dal fiume fino al mare, e oltre.

    Occupiamo in complicità con le precarie delle università, con gli insegnanti delle scuole, con le lavoratrici dei beni culturali, dei musei, dei siti archeologici, perché ci è chiaro il processo di smantellamento materiale e simbolico dei settori arte-scuola-cultura che questo governo sta operando congiuntamente.
    L’attacco al pensiero critico in tutte le sue forme e infrastrutture, le politiche coloniali filosioniste e la crisi socio-ambientale, i decreti sicurezza e lo stato di precarietà di tanti
    lavoratori e lavoratrici: i piani sono tutti collegati – e disegnano però le nostre alleanze, che stiamo già iniziando a costruire.

    Denunciamo lo stato di disastro culturale. Questa azione non è che l’inizio di una intensa stagione di scioperi, di ricorsi e di mobilitazioni, di occupazioni di teatri, musei, scuole e
    università su scala nazionale.

    Siamo inviperite:

    contro tagli e guerre,

    i nostri corpi desideranti!

    Vogliamo Tutt’Altro
    assemblea di lavorat^ dell’arte e dello spettacolo in lotta


  • SIAMO PIU’ DI 2000 / VOGLIAMO TUTT’ALTRO

    Ieri, 7 luglio, è stata una giornata straordinaria. In tutta Italia, oltre 2000 persone – in presenza e online – si sono incontrate per dare vita a un processo nuovo, potente, collettivo. Comincia la mobilitazione nazionale delle lavoratrici/ori dello spettacolo dal vivo.

    Sono nate 16 assemblee simultanee a Roma, Milano, Genova, Bologna, Ferrara, Dro, Santarcangelo di Romagna, Lecce, Bari, Palermo, Cagliari, Sassari, Venezia, Catania, Napoli collegate tra loro in un unico momento nazionale e più di 1000 singole/i connessi da remoto. Dalle metropoli ai piccoli centri, si è sollevata una voce collettiva: un desiderio urgente di confronto, di connessione, di lotta. Hanno preso parola singolə artistə, lavoratorə dell’arte e dello spettacolo, collettivi, compagnie teatrali, festival indipendenti, spazi culturali e teatrali, realtà attive nella difesa dei beni comuni e del sapere pubblico: lavoratorə dei beni culturali, del cinema, dell’università, assemblee studentesche e precarie, attivistə per la Palestina, ma anche assessori regionali e locali e associazioni di categoria come Cresco o reti informali con la rete dei festival italiani. Erano presenti e sono intervenuti anche i tre commissari dimissionari delle commisione ministeriale Teatro e multidisciplinare Pastore, Cassiani, Grassi. Un fronte ampio, plurale, determinato e consapevole.

    L’attacco in corso al settore culturale non è un incidente né una svista. È parte di un disegno politico reazionario, che investe l’università, la scuola, i media, ogni spazio dove si produce pensiero critico. Un progetto reazionario che si riflette su scala internazionale – lo vediamo negli Stati Uniti, in vari Paesi europei – ma che in Italia si concretizza in modo feroce sotto la regia dell’estrema destra al governo.

    Fin dall’inizio dell’attuale legislatura, la destra ha dichiarato la volontà di fare “l’anno zero” della cultura, di smantellare il sistema esistente per ricostruirlo secondo una nuova egemonia culturale, conservatrice, patriottica, conforme ai propri valori politici. Con l’assegnazione dei fondi triennali per lo spettacolo dal vivo (FNSV) si compie  un attacco ideologico, preciso, puntuale e  mascherato da riforma tecnica. È una strategia di controllo, che mira a ridurre la libertà artistica  tagliando i finanziamenti a tutto ciò che non rientra in una visione funzionale al potere. Mentre si invocano razionalizzazioni e merito, si tagliano i fondi alle forme più vive, sperimentali, critiche, si colpiscono le soggettività autonome, indipendenti, le realtà che producono pensiero libero e conflitto sociale. Non è un errore, è un disegno preciso. Una manovra chirurgica che colpisce tutto ciò che è critico, autonomo, indipendente, tutto ciò che produce conflitto, immaginazione, libertà.

    Per questo il 7 luglio non è una semplice mobilitazione: è un atto politico, un sollevamento necessario. È la risposta collettiva all’autoritarismo culturale. La presa di parola è solo l’inizio, serve ora costruire una forza comune capace di incidere, di proporre alternative radicali, di immaginare un’altra distribuzione delle risorse, un’altra idea di valore.

    È il momento di riaprire il tema del reddito di continuità per chi lavora nella cultura. Non possiamo più accettare la precarietà strutturale, l’intermittenza imposta, l’assenza totale di tutele. Serve una trasformazione reale delle condizioni materiali, serve dignità, riconoscimento e diritti per tuttə coloro che generano pensiero, bellezza, memoria collettiva. E serve generare una nuova visione di teatro pubblico libero, critico, necessario, che si opponga a quella illiberale e commerciale delle destre.

    Il 7 luglio è stato solo un primo passo. L’invito è a moltiplicare le assemblee aperte, a costruire spazi di confronto reali, a immaginare nuove forme di alleanza tra chi rifiuta questo presente e desidera un’alternativa. Si apre oggi una lunga stagione di lotta. NON E’ CHE UN INZIO.

    IG: https://www.instagram.com/assemblea_lavorat_spettacolo/Mail: vogliamotuttaltro@gmail.com